Captive-breeding and conservation of the European mammal diversity
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Conservation Unit - Giardino Zoologico di Pistoia
Publication date: 2004-06-30
Hystrix It. J. Mamm. 2004;15(1)
KEYWORDS
ABSTRACT
Abstract
Under the biological species concept, the intraspecific variability and true species richness of Palearctic mammals has often been overlooked, and therefore the need to conserve it. Recovery projects of endangered European mammals in Western Europe rely mainly upon translocation of conspecifics from viable populations in Central or Eastern Europe. From a wildlife management and restoration ecology point of view, many such recovery projects have been successful. However, from a biodiversity perspective it could be argued that they could have failed to protect the original European biodiversity. The increasing evidence of a complex phylogeographic pattern in many European mammals - especially in the Mediterranean region - has led to a reconsideration of the conservation unit and highlights the need for species-specific programmes for assuring the survival of threatened, distinctive populations. Such programs should also include captive breeding. It is therefore suggested that a two-level classification of captive breeding programmes is needed according to the degree of threat of concerned taxa, to maximise available resources without jeopardising in situ conservation. It is proposed to distinguish between a) level I captive breeding programmes, which are part of the conservation strategy for seriously threatened taxa and need to be financed by state or federal agencies, and b) "prophylactic" level II for vulnerable taxa or populations, and for which funds may be available mainly from the private sector. Available evidence suggests that given adequate husbandry techniques and pre-release training, even captive-bred carnivores can be successfully reintroduced to the wild. However, a closer collaboration among zoological gardens, zoologists and agencies involved in wildlife conservation is needed to avoid ill-conceived, potentially dangerous captive-breeding and re-introduction projects.
Riassunto
La riproduzione in cattività e la conservazione della diversità dei mammiferi europei Il numero di specie e la variabilità intraspecifica dei Mammiferi paleartici è stata generalmente sottostimata nei decenni in cui il Concetto Biologico di Specie è stato adottato. Ciò ha portato a sottovalutare le minacce ai Mammiferi europei e a basare l'attività di conservazione principalmente sulla traslocazione di individui da popolazioni vitali dell'Europa orientale. Molti di questi progetti hanno effettivamente portato al ritorno di alcune specie scomparse localmente e quindi al ripristino di una migliore funzionalità ecologica, ma non alla protezione della diversità dei Mammiferi europei. Il presente lavoro si avvale dei risultati di un numero sempre crescente di ricerche filogeografiche che hanno evidenziato complessi modelli di distribuzione e di differenziazione genetica in Europa. L'esistenza di Unità di Conservazione finora criptiche e a volte severamente minacciate, deve portare a riconsiderare il ruolo dei programmi di riproduzione in cattività per i Mammiferi europei. Al fine di massimizzare l'utilizzo delle risorse disponibili, si propone di suddividere tali programmi in due categorie. I programmi di riproduzione in cattività Livello I fanno pienamente parte della strategia di conservazione di taxa seriamente minacciati, come Lynx pardinus o Ursus arctos marsicanus. Questi programmi devono essere finanziati da agenzie pubbliche e devono essere realizzati sia in strutture ad hoc che eventualmente in qualificati giardini zoologici. I programmi Livello II interessano taxa non in immediato pericolo ma potenzialmente vulnerabili per intrinseche caratteristiche biologiche. Tali programmi devono essere finanziati dal settore privato e dovrebbero essere realizzati esclusivamente in giardini zoologici, allo scopo di non distogliere fondi dalla conservazione 'in situ'. Una serie di studi dimostra che la reintroduzione anche di carnivori nati in cattività è possibile seguendo una serie di linee guida sul mantenimento in cattività e il training degli individui destinati al rilascio. Sembra al momento cruciale, però, stabilire una più effettiva collaborazione tra il mondo scientifico, gli enti governativi e privati e i giardini zoologici per evitare che siano effettuati costosi progetti di riproduzione in cattività e di reintroduzione che non contribuiscono alla conservazione della biodiversità ma anzi la compromettono.